L’importanza del pensiero laterale per i bambini

Sabrina Verzeletti

L’importanza del pensiero laterale per i bambini

Aiutare i bambini a sviluppare il pensiero laterale attraverso il gioco, vuol dire fornire loro strumenti per risolvere problemi.

 

Quante volte ci siamo stupiti davanti ad alcune colorite affermazioni dei bambini, alla loro proposta di soluzioni creative e alle domande più curiose circa la realtà che ci circonda?

I bambini sono equipaggiati di un talento creativo straordinario, a volte addirittura difficile da cogliere per la mente adulta, abituata ad una modalità di pensiero verticale e schiava della logica.

Troppo spesso si rischia di sottovalutare questa loro grande abilità che sembra avere un potenziale incredibile tra i 4 e i 6 anni di vita, ma che si riduce gradualmente finendo per occupare un ruolo sempre più marginale negli anni a venire.  

Non ci si riferisce solo alle abilità artistiche e alla fantasia, ma ad un vero e proprio modo di affrontare e risolvere i problemi conosciuto come pensiero laterale, termine coniato dallo psicologo maltese Edward De Bono e spesso interscambiato con “pensiero divergente”.

Chi gode di buone abilità di pensiero laterale è in grado di trovare soluzioni multiple ad uno stesso problema o che divergono da quella comunemente accettata. Si tratta della capacità di pensare fuori dagli schemi che sembrano essere impostati dalla didattica e dall’educazione tradizionali, ma che sono anche tipici del nostro funzionamento mentale. In molti contesti infatti abbiamo bisogno di pensare in modo “semplificato” e di apprendere degli schemi di ragionamento generalizzabili a più situazioni; tuttavia, in molti altri contesti, il pensiero laterale offre la possibilità di guardare al problema da diverse angolazioni, cogliendone le sfumature, fino a realizzare l’obiettivo secondo un metodo “investigativo” e non semplicemente diretto, logico e sequenziale.

A livello neuropsicologico il pensiero laterale è una modalità di ragionamento sostenuta da diverse funzioni cognitive tra cui le funzioni esecutive – il direttore d’orchestra del nostro cervello! – e in particolare attraverso il problem solving e la flessibilità cognitiva. 

Il problem solving è la complessa capacità di approcciarsi e risolvere problemi in modo pratico ed efficace; la flessibilità cognitiva permette di rilevare che la modalità che abbiamo scelto per fare o risolvere qualcosa non funziona o ha smesso di funzionare e che quindi i nostri pensieri e comportamenti vanno modificati per riadattarsi al nuovo scenario. 

Sarà capitato a chiunque almeno una volta – dinnanzi a un dilemma o ad un quiz – di bloccarsi con in mente una stessa risposta errata che ricorre impedendo la produzione di una nuova soluzione; una volta scoperta la risposta ci interroghiamo su come abbiamo fatto a non pensarci prima! In quel momento abbiamo mancato di pensiero laterale: la nostra mente è stata come rapita dalla soluzione predominante, la quale non si è mai sganciata, rimbalzando e distogliendoci da ulteriori modalità di studiare il quesito; ci siamo arresi ai bias cognitivi ovvero a quegli errori in cui il pensiero può frequentemente incappare data la naturale tendenza del nostro cervello a semplificare e riutilizzare schemi già visti per inquadrare la realtà. La flessibilità cognitiva è venuta meno, incastrandoci in una trappola invisibile, ma molto comune, che finisce per limitare le nostre possibilità di apprendimento, espressione e autorealizzazione.

Come per ogni funzione della nostra mente, non dobbiamo però rassegnarci all’idea di possedere capacità in declino o invariabili: anche il pensiero laterale si può favorire ed allenare e più lo utilizziamo da bambini, più sarà automatico attivarlo nelle varie situazioni future.

È possibile favorire il pensiero laterale durante l’infanzia, anzitutto attraverso esperienze di apprendimento il più possibile immersive, che non richiedano unicamente l’applicazione schematica di nozioni teoriche, ma che propongano di sentire, toccare ed emozionarsi; è bene inoltre esaltare e premiare le soluzioni creative dei piccoli, senza mortificare le risposte che l’adulto potrebbe ritenere incorrette (come ad esempio l’uso di un gioco secondo regole non consuete). Tutto ciò è possibile solo permettendo a bambini e ragazzi di crescere in un contesto che sia validante per le loro emozioni e assolutamente non giudicante

Se il gioco è lo strumento principe attraverso cui il bambino esprime sé stesso, cresce e si realizza, è sempre tramite il gioco che è possibile continuare ad incentivare la modalità di pensiero laterale perché non si perda, ma rimanga disponibile come un paio di lenti colorate da cui guardare il mondo

Un esempio calzante di gioco tradizionale che richiama il pensiero laterale è il Tangram, che consiste nel cercare di replicare delle sagome riconoscibili (di animali, persone, oggetti, ecc.) usando tutti e sette i pezzi geometrici a disposizione attraverso la loro traslazione, rotazione e ribaltamento. Sin dal primo istante in cui osserviamo e studiamo la sagoma, ci salta alla mente una prima idea di come disporre i pezzi per replicarla; talvolta ci accorgiamo che quella disposizione non può portare all’obiettivo sperato, eppure risulta estremamente difficile far virare il pilota automatico che rischia di visualizzare solo quella.

Il pensiero laterale consente invece nel fornire diverse interpretazioni di quella stessa sagoma, accantonando rapidamente le soluzioni bloccanti grazie al contributo della suddetta flessibilità cognitiva.

I giochi che sembrano permettere di potenziare questa abilità sono diversi, ma hanno tutti in comune uno schema non direttivo, materiali poco strutturati e richiedono di osservare e apporre delle modifiche alla realtà. 

 Un valido esempio è Il gioco delle trasformazioni, basato sull’intelligenza spaziale e adatto dai 3 anni, che richiede di comporre immagini brillanti con il materiale a disposizione, creando oggetti appartenenti ad una delle categorie selezionate dalla freccia dello spinner. Forme geometriche danno vita ad animali, edifici e mezzi di trasporto: la mente associa, collega e ricombina le informazioni in modo originale e inconsueto! Le uniche regole sono che l’oggetto sia riconoscibile a tutti e non sia già stato rappresentato in precedenza; il resto è un fiume di creatività. 


 

In giochi come questo dobbiamo lasciare che ciascun bambino esprima sé stesso al massimo delle proprie possibilità e aspirazioni, ma anche suggerire metodi di osservazione e creazione divergente, soprattutto se vediamo che sono molto bloccati o in difficoltà nell’area immaginativa e visuo-costruttiva.

Passando alla sfera dell’intelligenza linguistica, tornano utili tutti i giochi che hanno a che fare con la narrazione, la creazione e la messa in scena di storie e teatrini. Inventa storie e favole è adatto ai bambini dai 3 anni e consente di dare voce al proprio mondo magico e onirico. Nella scatola sono presenti quattro scenari fantastici sotto forma di puzzle da comporre e 21 elementi tra personaggi e oggetti. Non vi sono delle vere e proprie regole, ma tutto è concesso: attraverso un semplice schema guida il gioco insegna l’arte della narrazione, non finalizzata unicamente ad un accrescimento linguistico, ma alla produzione creativa e immaginativa. Vige la massima libertà nell’utilizzo e nella suddivisione dei personaggi tra i partecipanti e non sono indicate modalità di gioco competitivo. Anzi, in questo gioco si auspica che la cooperazione tra menti differenti, agevoli nella costruzione di storie fantastiche sempre nuove e accattivanti.


 

Tutti questi giochi, sebbene siano utilizzabili fin dalla tenera età, proprio in virtù della loro natura semi-strutturata e non impositiva sono in realtà utilizzabili in ogni momento dell’età evolutiva e – perché no – anche dagli adulti che vogliono giocare con i propri figli e mettersi alla prova per tornare ad essere i bambini creativi di un tempo! 

 

 

Sabrina Verzeletti

Psicologa di area neuropsicologica e psicoterapeuta

Founder Servizio Bergamasco Neuropsicologia

Ig @neuropsicologia.bergamo

Categorie e Argomenti